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Immergersi quotidianamente nelle onde magnetiche della poesia, quella che rimane indelebile e profondamente incisa nella nostra memoria, per un non so che di misterioso e di affascinante, di melodico e di ancestrale, appare quasi sempre come una illusione che il nostro subconscio incamera per elaborare e riguadagnare particolarmente ad occhi chiusi lo spazio tempo protagonista della scena esistenziale. Il poeta cerca di allontanare la discontinuità che nasce involontariamente dalle immagini, come colore e suono, per rimodellare il simbolo tra la realtà e le singole stravaganze del quotidiano. In presa diretta, senza troppi tentennamenti, il racconto che Nazario Pardini ricama reca un marchio di fabbrica inconfondibile, e gli scatti in avanti stimolano un inanellato imprimere delle intensificazioni, un tentativo per allontanare da sé ogni falsificazione del rito, scandagliando nei ritagli della speculazione ritmica.